L’economia cittadina che da più di un secolo è basata sull’agricoltura – prima della vite e dell’uva, poi, soprattutto, dell’ortofrutta in genere e del pomodoro – che per decenni ha regalato prosperità e ricchezza, sembra indirizzarsi verso un declino inesorabile. Il prezzo del pomodoro e dell’ortofrutta in genere, alla vendita, non è mai stato così basso. Il rischio è che la vicenda sfoci nel dramma – se già così non è – per migliaia di famiglie della città e di tutta la fascia trasformata, da Pachino a Licata.
In un documento inviato alla stampa chiedono “La rottura con le scelte fin qui seguite che considerano la Sicilia come una piattaforma a disposizione della grandi concentrazioni commerciali e condannano i produttori a rimanere in uno stato di crisi permanente”.
Una tenda, montata dagli uomini della protezione civile, dove dormire e ripararsi. Una piccola serra, in costruzione, dove organizzare iniziative e confronti, per continuare ad alimentare la protesta. “Non ci fermeremo. Probabilmente qualcuno di noi si sentirà male. Sarà sostituito quell’agricoltore, pescatore o allevatore, con un altro soggetto come noi disposto allo sciopero della fame”, ha ribadito Gaetano Malannino.
Non si fermeranno, promettono, sino a quando non avranno risposte concrete: “L’unica risposta che ci potrà permettere di sospendere è che il governo nazionale intervenga contro la moria delle aziende e individui un percorso che ridia reddito agli agricoltori”.







0 commenti:
Posta un commento